Revista Væranda

Caro diario ti scrivo,

Oggi mi sono svegliato alle nove e sono andato in bagno a farmi la doccia. Dal momento in cui suona la mia sveglia, devo muovermi tranquillamente per non risvegliare il mio compagno di camera, anche noto come “il terrore”. Se lo risveglio, lui inizia a gemere. “Non riesco a dormire!” mi dice. “Spegni quella luce!” Ogni giorno e ogni notte va così perciò io provo a muovermi in silenzio. Dopo aver fatto la doccia, mi vesto con i miei vestiti migliori per la giornata. Oggi mi metto la mia polo preferita, nera con strisce dorate e bianche sul petto e sul colletto, i miei pantaloni neri preferiti, una cintura, e i miei nuovi stivali neri. Indosso solo il colore nero, è vero, ma il nero è sempre di moda, infatti si potrebbe dire che in Italia la moda è fondamentale. I miei compagni di classe italiani indossano sempre vestiti belli e fighi. Vorrei provare ad adattarmi al loro stile. Da una parte, mi piace moltissimo che gli studenti italiani qui a Bologna non mi conoscano. Loro non sanno nemmeno chi sono o da dove vengo, certo, solo prima che parli. Mi piace questa sensazione di anonimato. Ogni nuovo giorno e a ogni nuova interazione posso essere come voglio in quel momento. Nessuno ha preconcetti su di me e per questo mi sento libero di scoprire me stesso e di conoscere veramente chi sono. Ma sto divagando … Dopo questo esperimento mentale, prendo lo zaino e me ne vado, un nuovo giorno è iniziato. La prossima fermata, il bar.

Esco dal mio appartamento. Mentre scendo le scale, guardo negli occhi un uomo anziano del mio palazzo. Lui indossa un bel K-Way che mi piace molto. Penso tra me e me, forse dovrei comprare uno di quelli. Boh, vado.

Esco dal palazzo e mi metto le cuffie per il viaggio. Ogni giorno ascolto la musica italiana che mi ha consigliato il mio coinquilino Sandro. Metto Dreamliner di Venerus, il mio cantante italiano preferito. Sandro mi ha consigliato il cantante Venerus durante una delle nostre prime conversazioni. La conversazione è andata così.

Sandro stava nella cucina, a cucinare la pasta siciliana perché lui è siciliano, specificamente di Ispica. Ascoltavamo 3 Nights di Dominic Fike, un cantante americano che mi piace. La canzone era nuova in quel momento. Ero sorpreso che Sandro la conoscesse. Lui stava cantando le parole della canzone:

3 nights …”

“Call me … you want, … you want, … you want”

A quel tempo, Sandro non parlava troppo bene l’inglese, così come io non parlavo bene l’italiano. Ho detto proprio così:

“Mamma mia! Ti piace Dominic Fike?”

Sandro: “Sì, certo.”

Io: “Che bello! Conosci Brockhampton?”

Sandro: “Chi è Brockhampton?”

Io: “Brockhampton, un gruppo rap americano.”

Sandro: “No, scusa non conosco Brockhampton.”

Dopo quel momento ho lasciato la cucina in silenzio perché non mi sentivo a mio agio, poi il giorno dopo è successa la stessa cosa. Sandro era in cucina quando sono arrivato all’appartamento. Lui ha lasciato tutto e è corso verso il corridoio per dirmi, “Oh, Jake, sì, conosco Brockhampton!” La parola, Brockhampton, detta invece in un accento forte italiano. Ci siamo fatti due risate e da quel momento in poi siamo stati migliori amici.

Io penso alle nostre conversazioni con tanta gioia. Sapevamo così poco l’uno dell’altro ma volevamo così tanto essere amici. È bello come l’amicizia può superare tanti ostacoli. Gli ostacoli di cultura e lingua non potevano fermare l’amicizia tra di noi. Devo dire che il suo nome veramente non è Sandro, almeno non per i suoi amici italiani. Questo era stato il mio errore. Quando ci siamo conosciuti, lui si è presentato come Alessandro, ma non ho sentito la prima parte del suo nome. Da quel giorno l’ho sempre chiamato Sandro invece di Alessandro, però i suoi amici siciliani lo chiamano Alé. Ho scoperto il mio sbaglio mesi dopo! Era troppo tardi, però, tutti gli americani a Bologna nel mio programma già lo chiamavano Sandro. Penso che gli piacesse comunque che gli americani abbiano un soprannome speciale per lui. Solo gli americani lo chiamano Sandro. Sono contento che Sandro sia stato mio primo amico qui in Italia, lui è un grande amico, un grande uomo persino.

Voglio provare a non bere stasera

Venerus mi canta nelle orecchie mentre attraverso Via Stalingrado. Passo un Lidl sulla mia destra, e oggi non prendo l’autobus 38. C’è una donna anziana alla fermata, chissà quando arriverà il prossimo autobus, forse mai. Spero di no per questa donna, spero di no.

Affronto il primo ostacolo del mio cammino verso l’università – il ponte di Via Stalingrado. Il ponte è molto lungo e non c’è molto spazio sul marciapiede. Se due ciclisti si avvicinassero contemporaneamente, uno di loro dovrebbe fermarsi per far passare l’altro. Ogni giorno e ogni sera attraverso questo ponte da Bologna al mio appartamento a Via del Lavoro. Il ponte è brutale, lungo e onestamente un po’ pericoloso. Ma è anche bellissimo. Il panorama dal ponte è incredibile. La città di fronte, i binari del treno a sinistra, e a destra, e dietro di me c’è la mia nuova casa qui a Bologna. Il ponte ha anche bellissimi graffiti lungo tutto il percorso. In fondo, a sinistra, c’è un grande murale di Fidel Castro tra i simboli del comunismo.

La gente chiama Bologna “La Dotta, La Grassa, e La Rossa”. “La dotta” per l’università, che è la più antica d’Europa. “La grassa” perché il cibo a Bologna è buonissimo (sono d’accordo con quest’idea). E “la rossa” perché Bologna ha una lunga storia di politica di sinistra. La città è piena di comunisti, studenti e altri. Penso che vent’anni fa quella frase avrebbe davvero spaventato i miei genitori. I comunisti?! Sì, Bologna è una città rossa.

Perdere un vizio che no so di avere

Passo la vecchia porta medievale della città. Ora sono a Bologna Centro. Vado al primo bar dopo il ponte. È vuoto tranne che per alcuni uomini al banco. Nessuno parla mentre mi avvicino al bancone. Dico “Ciao!” alla barista e lei ricambia il saluto. Dico, “un caffè per favore”. “Americano o italiano,” lei chiede in risposta.

Oggi non sono passato come anonimo. Qualcosa che ho fatto da quando sono entrato nel bar mi ha tradito. Sono uno straniero lontano da casa in terra straniera. In questo momento, mi sento molto lontano da casa. Lontano da mia madre, dalla mia cultura e dalla mia casa. Ma non da me stesso. Sono qui e sono me stesso, nient’altro importa. C’è potere in questa sensazione. Capisco chi sono, e mi fermo per apprezzarlo. Forse è un pensiero un po’ troppo profondo e strano per la barista, ma riconosco me stesso e mi sento molto presente.

Recuperare le notti mancate

“Italiano, per favore. E un cornetto con nutella, per favore,” dico io. La mia colazione italiana preferita. Un caffè e un cornetto con nutella. Mangio il mio cornetto al banco e la barista mi porta il caffè. Apro una confezione piena di zucchero di canna e lo verso nel caffè. Lo mescolo un po’ e poi aspetto. Riconoscere il momento giusto per bere il caffè è un’arte. È diverso per ogni persona, gli italiani più esperti possono berlo subito. Tuttavia, non sono come loro, devo aspettare il mio momento giusto. Uno, guardo avanti. Due, guardo a destra. Tre, guardo alla sinistra. Ora torno a guardare il caffè. Respiro attraverso le narici. Prendo il caffè con la mano sinistra. Lo porto alle labbra socchiuse. Ribalto la tazzina, versando tutto il liquido in bocca e bevo. Il caffè entra nel mio sistema. Sento una scossa. Qualcosa è diverso. Adesso il nuovo giorno è iniziato.

 

Perché viver di giorno sai non fa per me

 

E quindi volo su un dreamliner

 

Dreamliner

 

Vincenzo La Fronza 

This short story was developed as a result of several discussions held in ITAL204, Corso di Perfezionamento, taught by Dr. Sara Dallavalle

Jake La Fronz (ITAL204)

Jake La Fronz (ITAL204)