Revista Væranda

Washington, DC, 2009

Lui scende dalla Green Line*. È la prima volta che prende questo treno, e non sarebbe stato puntuale per il servizio alla comunità se sua madre non l’avesse svegliato per la colazione di mattina. Lui è uno studente al liceo al nord, e la mensa dei poveri è a Anacostia*.

Anacostia, il ghetto, la casa per quelli che non hanno una casa. Un quartiere a 15 minuti da casa sua e dei suoi genitori, ma oggi è la prima volta che vede le sue strade. Lui pianta le suole delle sue scarpe sulla piattaforma, come Cristoforo Colombo o i Pellegrini a Plymouth, ascolta alla musica. Non vede l’uomo avvicinarsi.

L’uomo è un vecchio afroamericano. Vive sotto la piattaforma, ha vissuto lì negli ultimi vent’anni. Ha visto molte persone come questo ragazzo sulla sponda sbagliata del fiume, come lo chiamavano Senatori e avvocati che lavorano nello Triangolo Federale*.

Ma negli ultimi vent’anni, gli stessi senatori e avvocati hanno scoperto che Anacostia si adatta abbastanza bene ai loro piani per il futuro. È diventato di moda organizzare manifestazioni di solidarietà con il ghetto, ovviamente con i giornalisti e le fotocamere, spesso nella forma di taglio del nastro o di dare zuppa a persone come l’uomo di questa storia. Mentre passavano più tempo a Anacostia, senatori e avvocati hanno deciso che questo quartiere sulla sponda sbagliata del fiume gli piaceva così tanto che lo avrebbero reso un quartiere per persone come loro.

In questo modo è nata la “gentrificazione” del Distretto di Columbia, o, di quei quartieri che avevano bisogno di un aggiornamento, secondo il parere delle persone che prendono le decisioni. Da allora nulla è stato in grado di fermarla – costantemente, incessantemente radunando gli abitanti di Anacostia verso l’orizzonte come un cane da pastore con il suo gregge. Nella Città del Cioccolato*, è sorprendente quello che può accadere alle persone esiliate nei quadranti orientali* senza che nessuno lo sappia.

Ed eccolo, l’uomo che abita sotto la piattaforma, si avvicina al ragazzo che vive in una villetta a Georgetown, trenta secondi a piedi dalla casa di Obama. Forse gli ha chiesto alcune monete, forse ha afferrato il ragazzo, forse non ha fatto niente. Ma chi può dirlo?

Il ragazzo urla, mentre armeggia con le sue cuffie. Inciampa all’indietro. Non ha mai visto nessuno così sporco e spaventoso. Non ha mai parlato con nessuno che fosse così diverso da se stesso. Tutto quello che sa fare è correre. Non si guarda indietro.

Il suono metallico della musica rap sta ancora suonando nelle sue cuffie, che gli oscillano intorno al collo mentre corre verso la prima uscita che riesce a trovare.

La luce del pomeriggio lo ferma in cima alle scale, e ormai non ricorda più il viso dell’uomo.

Inciampa per alcuni passi, respirando affannosamente. Ovunque lui guardi, c’è un labirinto tentacolare di cemento attraverso la strada dalla stazione. Tutto quello che sente è rumore bianco*, il rombo del treno che si allontana – o è una nuvola di pioggia?

Si guarda alle spalle. Silenzio, eccetto per il metallo stridulo contro i binari del treno e la musica hip hop che batte dall’altra parte della stazione.

Deve tornare a casa.

Almeno ora lui ha una scusa per aver mancato il suo servizio comunitario.

Lui chiama un taxi. Non è pronto a prendere di nuovo il treno. Specialmente con l’uomo nella zona. Forse non sarebbe successo niente, ma è sempre meglio prevenire che curare.

Quando torna a casa, gioca con la sua Xbox per molte ore. Il tempo della cena passa come al solito, i suoi compiti sono incompiuti, fuma dell’erba, prende un Adderall. Lui scopre che quelle droghe insieme lo aiutano a superare lo stress dei suoi giorni.

Lui sogna quella notte. Lui sogna l’uomo del treno, il suo fetore, lo sguardo nei suoi occhi. L’uomo gli dice, “non sei benvenuto, non sei benvenuto perché non mi hai mai fatto sentire benvenuto.”

Quando si sveglia, lui non sa distinguere tra quello che è realtà e quello che ha sognato.

 

 

Napoli, 2019

Lei scende dal Trenitalia. È la sua prima volta a Napoli, la sua prima volta in Italia, in Europa, in qualsiasi luogo fuori dagli Stati Uniti.

È arrivata dagli Stati Uniti due settimane prima per iniziare il suo programma di studio all’estero. Non vede l’ora di incontrare lo stallone italiano* dei suoi sogni. Magari nel club dove si andrà più tardi stasera, o da qualche parte sepolta nei suoi “mi piace” su Tinder.

Si è separata dal solito gruppo, con cui viaggia anche lei. Non le piacciono molte delle ragazze nel suo programma, vuole fare delle amicizie italiane. Sarebbe bello se imparasse l’italiano, ma chi ha il tempo? C’è pizza da mangiare, caffè da bere, uomini italiani con cui lei vorrebbe di flirtare.

Pizze, pasta, spiagge e sole, piccoli mercati che starebbero bene sul suo Instagram, un momento direttamente dal film “Vacanza Romana” – ha voglia di tutto.

Lei cammina per Corso Umberto I, l’enorme spina dorsale della città. Vasto, Porto, Borgo Orefici – lei ama ogni quartiere più dell’altro e si ferma a comprare souvenir. Si concede uno spruzzo di profumo da Kiko Milano, una pizza intera dall’Antica Pizzeria da Michele. Sembra che la strada non finisca mai, ci sarà sempre un’altra tabaccheria, un altro bar, un altro uomo che la chiama dalla sua moto. Vuole vedere di più, vuole fare più foto, vuole solo ubriacarsi –

Dov’è lei?

Il suo telefono non ha servizio, non parla italiano tranne per dire ‘ciao,’ e alcune cose non sembrano più come sembrano online. Alcune delle case sulle colline che si ergono sopra di lei sembrano più come baracche. Ci sono meno bancarelle della frutta e verdura e panetterie e più bancarelle che vendono pezzi di auto e souvenir economici. Non riesce più a sentire gli anglofoni. Non vede più nessuno che possa parlare inglese.

È come se si fosse persa. Ma sembrerà stupida se si gira nel mezzo della strada per chiedere indicazioni, come una classica turistica americana, quindi lei gira a destra.

Non si era resa conto che le strade di Napoli fossero così lunghe, e mentre si addentra nella giungla degli edifici, i peli sulla nuca iniziano a sollevarsi. Sente voci di uomini tutt’intorno, piangere dei bambini, sente l’odore di qualcosa di sporco e dei cani che corrono per la strada. Panni stracciati e bandiere pendono immobili sopra di lei, sospesi da minuscoli balconi alti sette piani.

Il suo cuore batte sempre più velocemente. Prende il telefono – nessun segnale, ma vede che la zona è chiamata Quartieri Spagnoli, e deve tornare al nord.

Gira a destra di nuovo, sperando di tornare indietro. È come se gli edifici si chiudessero su lei. Alza lo sguardo e vede un uomo dall’altra parte della strada.

È un immigrato libico, di circa dieci anni più vecchio di lei. Nell’appartamento dietro a lui ci sono sua moglie e il suo bambino, che sono scesi dalla barca con lui un anno prima.

Lui ricorda la paura dell’acqua, la paura della barca, la paura di rimanere intrappolati nel mare per sempre. Salvini ha detto che chiunque aiuta gli immigrati come lui odia gli italiani.

Vede questa ragazza: bionda, sicuramente americana, telefono in mano, probabilmente una studentessa universitaria e decisamente smarrita. Riconosce la sua paura.

Lui apre la bocca, ricordando che è educato usare una parola specifica per le donne in inglese, “Hello, mami*…”

E lei urla e corre indietro nella direzione da cui è venuta, e non riesce a sentirlo chiedere se ha bisogno di aiuto o il suono del suo bambino piangere.

Lei corre, senza voltarsi indietro, dai Quartieri Spagnoli e dai quartieri popolari dove si era persa. Dovrebbe chiamare la polizia, fermare un poliziotto, dove potrebbe trovarlo qui… sta esagerando? No, non sta esagerando, ma sarà necessario ubriacarsi stasera per calmare i suoi nervi…

Ora vede la familiare distesa di Corso Umberto I, le strade piene di nuovo con gelaterie, tabacchi, negozi di abbigliamento. Questa è la Napoli che lei ha pagato per vedere.

Lei non è una fumatrice di solito, ma compra un pacchetto dal più vicino negozio. Si siede sulla base di una statua, non può leggere il nome, e lascia lo zaino aperto per terra. Una sigaretta andrà bene, sembrerà almeno più italiana.

Mentre l’odore del fumo si aggrappa alle dita e ai capelli, lei cerca di ricordare il viso dell’uomo.

Suo padre le diceva sempre di stare attenta se vedeva un uomo come lui.

Un uomo come lui non ha nessun posto a Napoli. Un uomo come lui non ha nessun posto a Anacostia.

Ma un uomo come lui ha un posto in qualche parte del mondo?

Glossario

Green Line: un sistema metropolitano che attraversa esclusivamente i quartieri poveri di Washington, DC.

Anacostia: uno dei quartieri più poveri di Washington.

Città del Cioccolato: un soprannome usato dagli anni ’70 per Washington DC a causa della sua popolazione prevalentemente afroamericana. Inglese letterale: “Chocolate City.”

Quadranti orientali: Washington DC è divisa in quattro quadranti. Il sud-est e il nord-est sono i più poveri e sono attualmente in fase di gentrificazione. Il nord-ovest e il sud-ovest sono estremamente ricchi in media.

Triangolo Federale: un’area di Washington che comprende la Corte Suprema, il Congresso e la Casa Bianca.

Rumore bianco: “white noise,” usato idiomaticamente per descrivere il suono del tipico trambusto della strada.

Stallone italiano: un po’ dispregiativo, spesso usato dagli americani per feticizzare lo stereotipo dell’uomo italiano.

‘Mami’ – Qui, l’uomo sta cercando di dire “ma’am”, una forma cortese in inglese per le donne. La parola che lui pronuncia, però, assomiglia a “mami” che in inglese può essere interpretata come dispregiativa o sessualizzante.

This short story was developed as a result of several discussions held in ITAL204, Corso di Perfezionamento, taught by Dr. Sara Dallavalle

Annabelle Rice

Annabelle Rice

Annabelle is a fourth-year in the College majoring in Public Policy. After learning Latin and Ancient Greek before college, she turned her focus in foreign languages to Italian and studied abroad in Rome in the fall of her third year. She has taken Italian at UChicago for four years and holds each class dear to her heart.