Paolo sbatte le palpebre, alzando la mano contro la luce del sole che entra dalla finestra. Distoglie lo sguardo, i suoi occhi vagano per la stanza. La luce si riflette su vecchie foto e poster di film. Guarda la tela incompleta, appoggiata al muro; i suoi spazi bianchi, vuoti, contrastano nettamente con il resto. Con un borbottio, oscilla le gambe oltre il bordo del letto e trascina i piedi verso il bagno, evitando le vernici e i pennelli vicino alla porta.
A colazione vede sua madre Maria che prepara il caffè.
“Paolo, bene, sei sveglio! Tuo padre è già andato al porto. Dice che ieri sera Angelo ha finito di verniciare lo scafo e che siete tutti pronti per tornare in acqua.”
“Angelo? Avete assunto l’uomo che dipingeva i ritratti per le famiglie nobili a verniciare la barca?”
“Lo sai che non prende una commissione da anni e, onestamente, aveva bisogno di qualcosa da fare! Anche tuo padre dice che ha fatto un buon lavoro. Forse potrebbe insegnarti questo invece di come passare ore fare quello che la mia macchina fotografica può fare in un secondo.” Paolo alza gli occhi al cielo, finisce la colazione e esce.
Paolo sente che è arrivato il caldo estivo. Il paesino di Bellacqua è abituato al caldo, naturalmente. I suoi edifici in stucco dai colori vivaci esistono da generazioni, si ergono allegramente sulla spiaggia, che si estende a nord, e terminano con le scogliere all’estremità meridionale. Paolo passa tra i mercatini e davanti ai ristoranti che si preparano per la giornata mentre si dirige verso il molo, dove suo padre Pietro lo aspetta orgoglioso in piedi vicino alla loro barca.
“Cosa ne pensi? È come nuova!”
“È una barca, papà. Va bene,” sospira Paolo.
“Non è barca qualsiasi, Paolo! È la nostra barca. Un giorno lo capirai. Mio padre ha pescato su questa barca, mi ha insegnato a pescare su questa barca e io ho insegnato a te a pescare su questa barca. Con queste riparazioni un giorno potrai insegnare a tuo figlio a pescare su questa barca! È importante prendersi cura di tutto ciò che vuoi che duri.”
“Non credo che una vita di pesca si qualifichi come qualcosa che voglio che duri”, sbuffa.
“Ah ah! Vedremo come ti sentirai quando avrai una moglie che ti assilla per mettere il cibo in tavola. Andiamo!” Dopo essere saliti sul ponte, già carico delle reti, i due portano la nave fuori dal porto.
*****
Più tardi quel pomeriggio, dopo essersi assicurato il pescato del giorno, Paolo si ritrova un’altra volta nelle piazze del paese, a fare la spesa per sua madre. Il mercato è pieno di persone che passano, gente del posto ma anche visitatori venuti per sfuggire al caldo della città. Vede gruppi di ragazzi e ragazze che parlano, ridono, flirtano. Prova a ignorarli, guardando la lista che sua madre gli ha fatto. Eppure, con la coda dell’occhio, coglie un lampo di colore. Alza lo sguardo e vede due persone che attraversano la piazza: lei ha i capelli lunghi e neri e indossa un prendisole a fiori; lui è alto, magro e con la pelle olivastra, i capelli castani scuri che catturano la luce del sole pomeridiano. I due stanno ridendo di qualcosa, entrambi con enormi sorrisi. Il respiro di Paolo si ferma per un secondo, mentre fatica a staccare lo sguardo dal sorriso del ragazzo. Paolo indugia un secondo di troppo, e gli occhi del ragazzo incontrano i suoi. Paolo si volta velocemente e prosegue nel mercato, accigliato, entrando all’ombra di uno dei banchi. Per qualche ragione, le ombre non raffreddano il calore che ancora si diffonde sulle sue guance.
*****
Quella sera, a cena dai genitori, Paolo fissa intensamente il suo cibo. Il pesce nel suo piatto ricambia lo sguardo. I suoi genitori, come al solito, finiscono la discussione del giorno e passano a interrogare il figlio.
“Cosa fai stasera, Paolo?” Chiede sua madre, un sopracciglio alzato.
“Pensavo di rimanere in camera mia. Perché?”
“Be’, ho saputo da Carla che sua figlia – ti ricordi Bianca, vero? – ha intenzione di andare a una festa sulla spiaggia nord! Pare ci saranno molti ragazzi della tua età. Dovresti andare!” Dà un colpetto a Paolo sotto il tavolo. “Bianca e le sue amiche sono piuttosto carine. Non ti farebbe male dare almeno un saluto!”
Paolo si alza, incapace di rifiutare. “Bene”, sospira. “Mi preparerò”. I suoi genitori si sorridono mentre Paolo va in camera sua. Si cambia, infilandosi una camicia bianca leggera e dei pantaloncini blu scuro. Mentre si appresta ad uscire, il suo sguardo si posa sugli strumenti per la pittura e una lanterna.
*****
Dopo aver raggiunto il bordo della spiaggia, Paolo ignora la sabbia aperta e i falò accesi lungo la spiaggia a nord e si fa strada con cautela attraverso la costa rocciosa della spiaggia a sud, la tela sotto un braccio e gli strumenti nell’altra mano. La spiaggia a sud, che abbraccia le scogliere ed è significativamente più rocciosa, riceve raramente visitatori e oggi non fa eccezione. La luce del sole, calando vicino all’orizzonte, inonda le scogliere di una luce arancione. Dopo circa mezz’ora, Paolo posa la tela, guarda il mare e tira un sospiro di sollievo. L’unico suono che sente sono le onde che si infrangono sulla costa rocciosa, lontano dai fastidi dei suoi genitori e di tutti gli altri. Guarda la sua tela, già finita a metà durante i precedenti viaggi al mare, e posa i colori sulla roccia accanto a sé. Dipinge il tramonto per un’ora, usando la luce della sua lampada e la sua memoria per lavorare anche dopo che la sera è arrivata e i colori sono sbiaditi dal cielo. All’improvviso, sente un rumore. Alza la lanterna e si gira indietro; la luce risplende su un ragazzo, simile in età a lui, con una mano alzata a schermarsi gli occhi.
“Ciao”, dice il ragazzo imbarazzato. “mi dispiace disturbarti, ma sono un po’ perso.”
“Un po’ perso?” Paolo sbuffa, non sapendo perché il suo umore sia cambiato. “Avresti dovuto portare una luce. Cosa fai qui da solo?”
“Sono andato a fare una passeggiata durante il tramonto e quando il cielo si è fatto troppo scuro, mi sono reso conto che non riuscivo a capire dove fossi.”
Paolo guarda più attentamente il ragazzo e si accorge con un sussulto di riconoscerlo. “Ti ho visto oggi, in piazza, credo. Non sei di Bellacqua, vero?”
“No, non sono di qui.” Il ragazzo sorride. “Vengo da Milano. Sono solo qui in vacanza con la mia famiglia per l’estate. Mi chiamo Gabriele.”
Paolo torna alla sua pittura. “Beh, Gabriele, perché sei andato a fare una passeggiata al tramonto e non hai portato nemmeno la tua ragazza?”
“La mia ragazza?”
“La ragazza con cui eri in piazza. Nemmeno lei è di qui.”
Gabriele sbotta in una risata, brillante e limpida. “Certo, non è di qui! Era mia sorella Francesca. L’ho lasciata con i miei genitori.”
“Oh,” dice Paolo con falsa disinvoltura, felice per le ombre che coprono il suo viso. Mentre il silenzio si allunga, Gabriele si avvicina per guardare il dipinto di Paolo.
“Da quanto tempo ci stai lavorando?”
“Circa un mese. Dipingo un paio di giorni a settimana, ma il tramonto non dura abbastanza a lungo per dipingere più di un’ora alla volta, e non sono ancora abbastanza bravo per dipingere a memoria.”
“Sei molto bravo! È bellissimo.” Paolo sente le guance scaldarsi, e una volta ancora ringrazia le ombre.
“Grazie” borbotta. Torna a guardare la tela ed emette un sospiro. “Comunque, ora non riesco a ricordare bene i colori. Tornerò un’altra volta.” Comincia a mettere via i pennelli. “Ti mostrerò come tornare in città.”
*****
Mentre i due camminano lungo la riva, Gabriele fa conversazione.
“Dove hai imparato a dipingere così?”
“Me l’ha insegnato Angelo. È un uomo anziano che vive ai margini della città”, indica Paolo. “Dipingeva ritratti e altre cose a Torino. Era uno dei migliori. Ma ora è in pensione. Mi lascia prendere in prestito i suoi strumenti purché gli mostri cosa faccio, e a volte mi dà consigli.”
Le sopracciglia di Gabriele si alzano di scatto. “Non hai frequentato una scuola d’arte?”
“No”, sbuffa Paolo.
“Ma sei davvero bravo!” Gabriele sorride. “Te lo chiedevo perché ho degli amici all’accademia. Studio economia, come faceva mio padre, ma a volte prendo lezioni con loro per divertimento.” Fa una pausa. “Potrei insegnarti alcuni dei trucchi che ho imparato, se ti va…”
Con sua sorpresa, Paolo si ritrova a rispondere: “Certo”.
*****
Nei successivi due mesi, Paolo e Gabriele si incontrano spesso la sera. Per qualche ragione, Paolo non si è ancora deciso a raccontare ai suoi genitori di Gabriele, desiderando mantenere questa parte della sua vita lontana da occhi indiscreti. Tuttavia, quando iniziano a notare che la sera Paolo esce senza spiegazioni chiare, i genitori cominciano a pensare che stia succedendo qualcosa e, sorridendo, lo prendono in giro dicendo che è in ritardo per il suo appuntamento. Nonostante sappia che non è niente del genere, Paolo non può fare a meno di sentire un po’ di calore sul viso mentre va a cercare Gabriele.
A dire il vero, Paolo non sa spiegare bene cosa prova nei confronti del suo nuovo amico. I giorni in cui non incontra Gabriele sembrano trascinarsi infinitamente, e si scopre a passare il tempo scrutando la folla nella piazza alla ricerca dei suoi familiari occhi castani e del suo sorriso disinvolto.
I due discutono di pittura, sì, ma anche di tante altre cose. La vita e la scuola a Milano, cosa sognano di fare, le aspettative dei loro genitori. Paolo non si è mai sentito così capace di parlare con qualcuno come quando è Gabriele. Infatti, non ha mai sentito niente di simile a quello che sente con Gabriele.
Una sera, i due si siedono insieme sulla spiaggia sud. Non stanno dipingendo questa volta. Gabriele ha portato del vino dall’appartamento dei suoi e, guardando il tramonto, si scambiano sorsi dalla bottiglia. Mentre il sole scende sotto l’orizzonte, Gabriele si rivolge a Paolo.
“Sai, la prima volta che ti ho incontrato qui forse… forse non ero perso”, mormora un po’ brillo.
Il cuore di Paolo batte forte. “In che senso?” respira.
“Nel senso che… è una spiaggia dritta. Avrei potuto ritrovare facilmente la strada. Ma mentre stavo camminando, ti ho visto, e… forse ho voluto perdermi”. Guarda Paolo negli occhi e sorride. “Essere perso non mi ha mai fatto sentire così ritrovato”.
Gabriele si avvicina al volto di Paolo, esitante. Paolo sente il cuore scoppiargli nel petto e si rende conto di non potersi muovere. Le loro labbra si incontrano e il mondo intero sembra dissolversi.
“Gabriele… non ho mai…”
“Non pensarci”, sussurra. Guidato da Gabriele, Paolo si lascia andare a sensazioni che non saprebbe descrivere a parole.
Dopo un tempo che sembra infinito, mentre sono ancora abbracciati, Gabriele gli sussurra; “Paolo, io… io parto domani”.
Il cuore di Paolo precipita. “Che cosa?”
Una lacrima riga il volto di Gabriele. “Te l’ho detto quando ci siamo conosciuti, sono qui solo per l’estate. La mia famiglia… domattina torniamo a Milano”. Fa un respiro tremante e alza la testa per incontrare lo sguardo di Paolo. “Volevo solo che… tu sapessi che non mi sono mai sentito così con nessun altro. Sei la persona più incredibile che abbia mai incontrato”. Respira. “Se mai verrai a Milano, per favore… vieni a trovarmi”. Gabriele bacia Paolo ancora una volta e si alza per andarsene.
“Gabriele… non avrei mai pensato di potermi sentire così per qualcuno.” Le lacrime gli rigano il volto. “Per favore… non andare.” Gabriele gli sorride, anche lui in lacrime.
“Ti amo” sussurra. Senza dire altro, se ne va. Paolo rimane a terra, piangendo da solo mentre il colore svanisce dalla sua vita, lasciandogli un buco nel cuore. Prima di questo momento, Paolo non ha mai pensato che l’amore fosse qualcosa che avrebbe potuto avere. E invece era successo e ora se n’era andato. Mentre Gabriele scompare dalla vista, Paolo gira le spalle, gli occhi posati su un punto vuoto della tela. Lavorando a memoria, Paolo la riempie lentamente con l’unica persona che potrebbe renderla completa.
This piece was written after discussions in the class “Corso di perfezionamento” taught by Sara Dallavalle
Carter Beckstein
Carter Beckstein è uno studente dell’Università di Chicago che studia economia aziendale e italiano con una passione per l’arte, la musica e la cultura. È cresciuto in una penisola, ma in quella della Florida, non in Italia; sebbene non abbia un background familiare in italiano, è felice di conoscere una lingua e una cultura che apprezzano così profondamente la bellezza, l’amore e la dolce vita.